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giovedì 3 novembre 2011

I Daft Punk Mi Aiutano A Pulire Casa

Esatto, i Daft Punk mi aiutano a pulire casa.

Casa, più precisamente la cucina.
Sistemare, ora, subito.
Perché?

Curiosoni.

Perché in quella cucina c'è stato il cuore della cena/festa di non-Halloween, ed il giorno dopo sono rimasti piatti e pentole nel lavandino, ed un pavimento da "lasciastare", visto che non usciva una goccia d'acqua da nessuno degli orifizi in alluminio detti fottuti lavandini, perché:
"si stiamo facendo dei lavori, in realtà il tubo non pensavamo fosse il vostro, avevo parlato con papà."

Avevo
parlato
con
papà.

Che non vuol dire un cazzo.
O almeno, può voler dire tutto o niente, può voler dire "lo avevamo detto a tuo padre e lui non ti ha avvertito", oppure "ho parlato con tuo papà e ci aveva detto di fare attenzione".
Non lo so, ma avrebbe almeno un senso.
E quindi, dopo un giorno in cui nei piatti si era formato un piccolo focolaio di vita micro-umana e per terra le macchie, se viste da una certa prospettiva, formavano una mappa per ritrovare la dignità di questo paese, oggi ho sistemato, tutto.
Si perché suona strano, lo so, ma ho trovato il gusto nel pulire casa, misto ad un ribrezzo (non eccessivo, ma presente) per il disordine al di fuori della mia stanza.
Gli spazi comuni ok, ma la mia stanza è la mia Cernobyl, è il mio laboratorio di Mengele, la mia scatola piena di vetrini con la goccia di sangue sopra.

No in realtà è solo un gran casino, con una sedia sempre carica di giacche e felpe, polvere a terra, uno schermo che proietta sempre e solo serie tv.. e sigaretta libera.
Un pub a Ponte Galeria, se ci fosse un pub a Ponte Galeria.

Insomma, ho pulito, lavato, strofinato, spazzato, sistemato.
Con i Daft Punk a bomba di sottofondo.
Ballavo, mentre pulivo. Alzavo il braccio a ritmo appena partiva la cassa.
Uno spettacolo indecente, ma con i Daft non mi son tenuto.
I Daft Punk mi aiutano a pulire casa.

Poi, mentre finivo di "rassettare", finiva anche l'album, e a caso ne esce una.. un po' così.
E ho pensato.
E come dicevo oggi ad una mia amica, sta lì in un angolo. Quando sarà il momento di tirarlo via, lo farò.
Sarà faticoso e pesante, ma non starò fermo a fissarlo. Che la soffitta la conosco bene, fin troppo, e fa freddo lì.
Meglio aprire la porta e mettere il naso fuori, intanto.

Che 'sto mondo è costruito bene.

mercoledì 2 novembre 2011

Allegro Ma Non Troppo



"..oh you might blame it on me, but you persisted that we fold..
..wiped your hands of me. and said you needed more, more, more.."

martedì 1 novembre 2011

Smashin' Pumpkinz

"Push the trigger and pull the thread,
I've got to take it on the otherside."

Non so perché ma 'sto post inizia con un déjà-vu, di io che scrivo il titolo e mi sembra di averlo già scritto, che st'idea mi sia già rimbalzata per le pareti all'interno del cranio, alquanto spaziose.
E quindi ci sono io lì che inizio a scrivere il titolo e mentre scrivo Smash... già qualcosa mi balena in mente, io già l'ho vissuto, già lo so ma non so il resto, perché dura il momento del titolo e non fin qui. Qui è già iniziato il mio flusso di pensieri, ma il titolo no il titolo non l'ho deciso io, non ora.
Ho sentito un sacco di cose a proposito, tipo che quando succede un neurone muore. Se fosse questo il mio caso, andrebbe solo a fare compagnia a tanti altri.
Oppure c'è quella famosa di Matrix, che è un errore della matrice, e quindi arrivano quei tizi vestiti di nero capeggiati dall'Agente Smith e provano a fare il culo a Neo, e poi Smith combatte in una scena fichissima con Morpheus nel cesso, e alla fine lo spacca e infatti lo sequestra e gli dice che per lui i tizi come Morpheus sono un virus, e annusa il suo sudore e poi Trinity e Neo liberano Morpheus in un'altra scena fichissima dove c'è la battuta "Schiva questo" detto da Trinity a un agente brutto sparandogli da tre millimetri di distanza un proiettile con sopra il suo nome, "agente brutto". Ecco insomma, se sto continuando a scrivere vuol dire che non è avvenuta nessun tipo di lacerazione nella matrice, e non ci sono nemmeno persone vestite da becchini e cambiano aspetto. Per ora.
E poi c'è la teoria di Fringe, quella in cui un déjà-vu "non è altro" che un vivere un momento della propria vita in un mondo parallelo. Un mondo parallelo dove sei sempre tu, fai lo stesso lavoro, hai gli stessi colleghi ma qualcosa di grande è successo (o non è successo) in passato, modificando poi tante piccole cose in tutti quelli che lo abitano, questo mondo parallelo.
E insomma, due piccioni con una fava perché il titolo l'avevo pensato per scrivere due righe su ieri sera associandole a "Tonight, Tonight", ma a 'sto punto penso che il "Man in Progress" -che magari è "Man Progressed"- dall'altra parte volesse scrivere di ieri sera perché la cena l'ha data anche lui, quindi adesso lui sta scrivendo quello che avrei scritto io perché è successo davvero ma a me, di conseguenza io scriverò quello avrebbe scritto lui, e che a lui è davvero successo.
E quindi la serata è andata bene, a tutti e due i miei me, c'erano le persone giuste, ci si è divertiti tanto e si è stati tutti davvero bene.
Solo che a lui è squillato il cellulare, ha risposto e si è fatto la solita passeggiata da cellulare in giro per casa.
Poi la serata sarebbe andata in modo diverso, con scambi di messaggi e la promessa di vedersi presto.
E il sorrisone da ebete stampata in faccia fino a fine serata.
I saluti, i baci, i bicchieri, la batteria, tappi di sughero che non reggono, un altro messaggio, lettura, risposta, sorriso, i "fammi un filtro", le foto, gli abbracci, occhi spenti, occhi vispi, ancora batteria, mostri rari alla chitarra, Sor Fleo al basso, risate risate risate.

Un momento.. e se fosse successo davvero?

L'altro me mentre sostituisce alla batteria
il Charlie Watts alternativo
dei Rolling Stones alternativi.

lunedì 31 ottobre 2011

L'Attesa

Era seduto ad aspettare sulla cima di quella collina da quasi una settimana.
Aveva dormito pochissimo, e quel poco tempo che passava incosciente era tempestato di flash, cose inquietanti che lo facevano scattare il collo all'improvviso, sbarre gli occhi, per poi farlo ricadere giù ancora più stanco di prima.
Per mangiare, aspettava i suoi amici di sempre: si erano dati il cambio ogni giorno, per portargli l'indispensabile per tirare avanti, anche se fame non ne aveva quasi mai.
La barba, anche se solitamente gli cresceva lentamente e a macchie, sembrava più fitta, crespa, quasi appesantita anche lei dall'ansia dell'attesa.
Non era stato facile per lui crederci, crederci fino al punto di rimanere lassù così tanto e con lo sguardo sempre fisso su quei binari. Si scorgeva un tratto della ferrovia all'orizzonte, a circa un chilometro in linea d'aria, e faceva capolino tra due colline. Se il treno fosse passato, lui l'avrebbe visto, avrebbe saputo.
Avrebbe capito.
Ma la difficoltà stava nel fatto che quel treno non passava sopra quel tratto da anni ormai, tanto che grossi gruppi di edera si cominciavano ad aggrappare con forza alle traversine di legno.
Ma lui ci credeva, sapeva che avrebbe visto quella locomotiva passare per prima, con impeto, sopra quell'edera e strapparla, tagliarla, polverizzarla sempre più al passaggio di ogni singolo vagone, fino al non lasciare nulla che odore di erba appena tagliata ovunque.
Odore di fresco, di nuovo.
Sapeva anche che però, dietro di lui, il mondo continuava mentre era impegnato in altri progetti.
Ne era perfettamente consapevole: qualcosa si stava muovendo, dietro di lui. Forse anche dentro, ma già sentire dei rumori, delle parole essere pronunciate lì dietro, lo faceva distrarre.
E a volte la distrazione era anche piacevole.
Ma no, lui era lì ad aspettare quel treno, avrebbe poggiato l'orecchio a terra pur di sapere con certezza che stava per arrivare.
Avrebbe spinto il treno, avrebbe inclinato la terra, avrebbe fatto qualunque cosa, per poter raggiungere quel vagone, anche in corsa, inciampando e senza respiro.

Rara immagine che mi ritrae in
uno dei pochi momenti di relax
sulla collina.

Però lì dietro, tutto 'sto vociare.. quasi quasi..

[se -metti il nome della divinità che vuoi qui- vuole, sono riuscito a mettere il fottutissimo stramaledetto pulsante "Mi Piace". se lo vedete, testatelo. sennò amen.]

[EDIT: niente, non funziona. affanculo.]

venerdì 28 ottobre 2011

Riflessioni Mattutine Su Rotaie

Sindrome dell'arintuzzacce

Dicesi sindrome dell'arintuzzacce tutta quella serie di episodi volontari e casuali, ma comunque di varia natura, che portano al reiterarsi di situazioni che terminano sempre, in modo negativo, sullo stesso argomento. Il tutto può essere identificato sia durante una conversazione (ed in questo caso l'argomento sarà riconosciuto in un episodio passato), che essere di natura fisica (il continuo colpire, per errore, una parte già lesionata).
Esempi:
- "Eddai che c'arintuzzi co' 'sta storia de Carlo Giuliani."
Riferito ad una situazione in cui il soggetto che formula la frase (da questo momento soggetto A) non si trova d'accordo con il suo interlocutore (soggetto B), il quale ha asserito che sparare ad altezza d'uomo durante dei disordini di piazza è lecito se è in pericolo la propria incolumità;
- "Più me ce scotto, co' 'sta donna, e più c'arintuzzo."
In questo caso il soggetto A lamenta il fatto che, evidentemente, dopo una delusione sentimentale non riferibile a sue colpe continua imperterrito a provare a ristabilire un contatto con la suddetta donna/ragazza, arrivando ogni volta a risultati sempre peggiori;
-"Niente oh, più ce sto attento più c'arintuzzo, su 'sto dito."
Senza dubbio, il soggetto A continua a ricevere colpi sul dito che si è fratturato l'anno precedente, per vedere se una cassetta delle poste in ghisa si sarebbe spostata sotto la minaccia di un pugno. E no, non si è spostata.
Quest'ultimo esempio è facilmente riconducibile al secondo, nel caso in cui, per l'ennesima volta, avete arintuzzato con la vostra partner arrivando infine alla frattura (fisica e relazionale).

Uno che c'arintuzza 'na cifra.


L'arintuzzo: se lo conosci lo eviti.
O almeno ci provi.

Metronomo

Come fare cose brutte rubando immagini ed usando
solo Keynote ed uno screenshot.

Immaginate un metronomo.
Enorme.
Sarà alto come un grattacielo.
Col suo tic va a destra, col tac a sinistra.
Ed i suoi tic, ed i suoi tac, fanno un casino immane.
Insomma col tic va a destra, e a destra c'è il buio, la solitudine, la malinconia.
Invece col tac va a sinistra, e lì c'è luce, compagnia, buonumore.
Quando fa tic, il metronomo, fai pensieri cupi, ti metti lì a rimuginare, a calcolare, a supporre. E non ne cavi nulla.
Al momento del tac, al contrario, sei leggero, sorridente, senza quei pensieri ma solo con la voglia di far qualcosa, qualunque cosa, perché sai che ti riuscirà comunque bene.
Tic: ansia, tachicardia, pessimo umore.
Tac: tranquillità, polmoni pieni d'aria buona, empatia.
Tic, tac, tic, tac.

Insomma, "senza tutta 'sta pippa altro non sono che sbalzi d'umore", direte voi.
"Touchè(ndi dalle stelle)", dirò io.

Il problema è che voi, ora, siete lì sotto col naso all'insù.
Io invece sto aggrappato alla punto di 'sto cazzo di metronomo, e gradirei scendere, onde evitare che v'innaffi con i miei reali succhi gastrici.

mercoledì 26 ottobre 2011

Post Da Tre Minuti Con Tutto Quello Che Mi Passa Per Il Cervello

..o quasi.



Vino, rosso, passione, rabbia, sabbia, mare, Salento, mamma, Flavio, Insinna, teatro, malinconia, ricordi, dimenticanze, colpa, senso, sesso, umori, rumori, suoni, musica, vita, morte, miracoli, religione, fede, schifo, ripugnante, lontano, treno, nave, Porto, bello, road, Abbey, Beatles, Rolling Stones, mese, ritardo, ansia, anzi, ti dirò, parlare, silenzio, pace, eterna, fine.

[incrociate le dita per me. voi fatelo, poi vi spiego.]

[proprio]

Il Momento Del Coglione

Attore che interpreta alla perfezione personaggi
spesso affetti dal "MdC".
Sei per strada, una ragazza molto carina, di quelle con cui faresti volentieri un aperitivo sulla spiaggia, ascoltandola raccontare dei suoi viaggi in Sudamerica, ti ferma e ti chiede da accendere. Con una mossa che ti riesce una sola volta nella vita, infili la mano in tasca, tiri fuori l'accendino e senza fermarti lo accendi a mezz'aria portando la fiamma, accesa, alla distanza perfetta dalla sigaretta. In tutto ciò, era uno Zipper, che hanno la rotellina squadrata.
Applausi.
Stupita, ti guarda con lo sguardo di chi è molto vicina all'orgasmo grazie alla tua capacità di infiammarle a distanza il punto G, e ti chiede dove stai andando.
A me, in questi casi (che mi succedono con la stessa frequenza con la quale i fulmini cadono due volte nello stesso punto), accadono due cose:
- o in bocca mi si forma il Das misto a polpettone avanzato e mi si arrossano le guance tipo un vicentino alla sagra della castagna;
- o penso che si, l'aperitivo ed il Sudamerica, poi però ci sarebbe la cena vegetariana, il letto giapponese, i suoi amici che parlano solo di Gramsci e volàno, i parenti cattolici e stronzi, un affitto in due, i dischi in due, i film in due. Alt, troppo in troppo poco tempo.
Quindi, all'ipotetica domanda della mia futura ex ragazza che mi chiede:
-Dove vai?-
risponderei:
-Di là-, indicando un punto a caso con la stessa, flemmatica foga con cui sporgi il braccio per chiamare l'autobus, e con la stessa faccia da cazzo che ha l'autista che ti carica.
Lei, ringraziandoti, scappa via urlando dalla paura e blaterando cose che forse che scelga tra uomini e donne.

Abbiamo presentato il cosiddetto "Momento del Coglione", in campo scientifico è conosciuto anche come  "MdC".

Uno che di "MdC", ne sta facendo uno stile di vita.
E dire che ci stavamo quasi per credere, in una faccia così.
Che poi l'ho messo giù in modo simpatico, ma qui c'è poco da ridere.
Che la famosa settimana è iniziata, e devo dire pure molto bene.
Ho interagito come una persona normale, ho fatto cose fatte bene, ho shakerato  alla perfezione parole e gesti, creando un buon cocktail di socialità.

Poi capita che mentre sei impegnato a far andare tutto bene, fai una cosa che non può avere, per forza di cose, una reazione immediata. Devi aspettare, punto.
Nel frattempo fai un'altra cosa, senza voler sbagliare, ma che mentre la fai senti in cuor tuo che magari farti un sett'etti di cazzi tuoi sarebbe la cosa migliore, perché sai che una reazione ci sarà.
E infatti, la reazione arriva.

E sarebbero stati di gran lunga meglio i sett'etti.

domenica 23 ottobre 2011

La Settimana Enigmatica



Mi ricordo che uno dei miei giochi preferiti, sulla Settimana Enigmistica, è sempre stato "Il Bersaglio".
Parti da una parola all'esterno, e la colleghi ad un'altra, magari per anagramma, significato, opposto, togliendo o aggiungendo delle lettere.
Insomma, di base è un gioco ad incastri, a domino.
Azzecchi la prima, studi un po' le altre, trovi la seguente, e piano piano è tutto sempre più facile.
Ecco, la settimana che inizia domani sarà un po' così, con l'aggiunta del fattore umano.
Si perché un conto è arrivare al passo successivo seguendo una logica inattaccabile: quella è la parola iniziale, una sola la può seguire, a sua volta questa può essere seguita solo da un'altra.. e così via.
Un conto, invece, è dover affrontare tre possibili situazioni:
- far seguire parole giuste dopo e prima di altre parole altrettanto giuste, ovvero fare un discorso coerente avendo di fronte un'altra persona, che interagisce;
- agire in un certo modo e dover attendere una reazione, per capire quale azione intraprendere di conseguenza;
- dover combinare parole e gesti in un unico conteste, alternandoli e calibrandoli nel modo giusto.
In una sola parola, interagire.
Ma 'sta settimana s'interagisce serio, con parole che diventano serie e gravi, e gesti che potrebbero tracciare linee definitive, situazioni che potrebbero cambiare un bel po' di te, e del tuo rapportarti col prossimo.
Io sono tranquillo, perché so cosa voglio.
O almeno ci credo fortemente, come non facevo da un po'.
E questo mi pareggia col mondo, parto con handicap zero e sulla stessa linea di tutti gli altri.
Ma soprattutto, sono pronto alla sconfitta, su uno o più fronti.
Non che la cosa la prenda alla leggera, ma di sicuro è compresa nel risultato finale.
So che è lì, l'agghiacciante e paralizzante mostro della sconfitta, pronto a ghermirmi ancora, il suo svuotarmi di tutto per riempirmi di frasi tristi e sguardi vacui è ormai routine, per fare di me un piccolo uomo depresso dalla vita.
Ma 'sto giro so come affrontarlo, e magari anche ucciderlo per farlo rinascere, com un alba serena dopo una notte d'inferno.

Speriamo che, almeno le cose a cui tengo di più, vadano in Porto.

[nuova grafica. visto che non rispondete mai, lettori ingrati ma curiosi, prenderò il vostro silenzio come un "oh mio dio è minimal al punto giusto".]

sabato 22 ottobre 2011

Outdoor Post

Sarà che Roma di notte, da soli, ti rende più malinconico. Sarà che con la testa proprio non ci stai, 'sti giorni. Sarà che tutta 'sta gente proprio un cazzo da fà. Sarà che da solo io non ci so stare, ma mi piace, è solo questione di abitudine.
Vorrei solo riempirlo, 'sto vuoto inside.
Tutto questo spazio dentro va riempito, ma per la prima volta in vita mia non ho fretta. Mi prendo il mio tempo. Ho fatto il part time per troppo tempo con me stesso, è ora del full.
Io non ho fretta, non questa volta.
Aspetterò senza attendere. Perché aspettare è un conto, attendere è uno strazio.
Sono seduto a questo tavolino, un rosso in mano e San Cosimato davanti. Quasi mi aspetto di veder passare Lei.
E invece no.
Solo, con oggetti in mano che non valgono un millesimo rispetto a quello che vorrei stringere forte, da imbiancare le nocche e far sudare i palmi. Da non crederci.
E invece sto un'altra volta qui.
Solo.

Primo e sicuramente non ultimo post scritto dal mio nuovo, fiammante iPod.
Che ad avere il WiFi ve lo sparavo, ma tanto state in giro a non pensare. Quindi chi sono io per distrarvi?
Buona serata, anche se sarà già finita.

giovedì 20 ottobre 2011

È Stata Una Gran Giornata


In realtà, non è stata una gran giornata, ma chi capisce cazzi di film, intenderà.
Oggi non è stata una giornata.
Punto.
Nulla ho fatto, nulla ho ottenuto.
Ma a parte questo, non voglio dilungarmi che ho un finale di stagione di Fringe che mi aspetta, e di certo non perdo tempo con voi.
Ma questa è stata strana.
Poco fa, dopo un pasto veloce a base di prosciutto, grissini, tonno ed una banana che di banana aveva giusto la forma, visto sbucciandola avevo l'impressione di stuzzicare il pisello di Obama (c'ho pure aggiunto la Nutella. Se mettevo Barry White di sottofondo, vincevo il pistone d'oro), e insomma, dopo aver fatto una sega presidenziale al frutto, mi sbraco sul divano e mi metto a vedere "Piazza Pulita", quello presentato dal sosia dello scienziato pazzo dei Simpsons, il Professor Frink. O almeno mi ci fa pensare.
Vabbè, insomma, ero seduto su quel fottuto divano quando, da brava persona nata morta, mi addormento.
Tac.
Di botto.
Il sottofondo delle parole del Professor Frink si mischiano con quelle del servizio successivo su Sabato, con le sirene e tutto.
Poi, non chiedetemi che cazzo di sinapsi ho, fatto sta che faccio un micro sogno:

sono dentro la mia camera, probabilmente nello stesso momento in cui sto anche dormendo sul divano. Ho una videocamera, guardo nello schermo digitale. Non so cosa sto riprendendo, ma so che sono solo. Giro per la mia stanza  mettendo avanti questa camera digitale, una camera nella camera.
[no non c'entra nulla, mi faceva ridere]
Insomma, dopo qualche secondo passato a riprendere il mio letto, i miei poster, le decine di dvd, le action figures di Lost, comincio ad indietreggiare verso la porta aperta.
Ribadisco, sono solo.
Mentre cammino lentamente all'indietro, sfilo con calma la mano dalla fascetta della videocamera in cui era saldamente ancorata, con l'altra mano la ruoto di centottanta gradi, come per inquadrarmi.
Mentre la giro, con la mano ormai libera dalla fascetta ruoto lo schermo per vedermi mentre mi inquadro.
Appena poggio lo sguardo sullo schermo, dalle mie spalle spunta Lei.
È appena uscita dalla doccia, ha i capelli ancora bagnati ed un enorme asciugamano bianco la copre da poco sopra il seno fino alle ginocchia.
Sorride, sorride con tutto il corpo.
-Ma ciao!!-, dice con la sua cadenza da farti sciogliere.
Per essere sicuro, distolgo lo sguardo per essere sicuro che Lei sia davvero lì.
E faccio appena in tempo a guardarla negli occhi, a sentire il suo respiro fresco in faccia ed il calore della doccia ancora sulla sua pelle, che vaffanculo mi son svegliato.
Ovviamente.
Frink blaterava ancora qualcosa, il mio cuore batteva ben più forte del normale.
Ho sbarrato gli occhi, e son venuto qui a scrivere.

Fine.

[Corrado Formigli, quello che ha litigato con La Russa. E pure con Santoro, a quanto pare.]

[ah, scusate, ma parlo del mio blog. sulla destra, c'è la colonnina dei followers da Facebook. magari, una cliccatina.. e non dite che vi vergognate, che tra i vostri likes c'è Michael Jackson e True Blood. su, dai su!!]

lunedì 17 ottobre 2011

Sabato

Io in mezzo alla gente, Sabato 15 Ottobre, c'ero.
Alla fine della giornata, non ho riportato ferite fisiche, ma per come sono io qualche segno in testa m'è rimasto.
Nonostante sia riuscito a manifestare poco, volevo lasciare la mia traccia, forse anche per me, per tirar via tutto ed avercelo pronto all'evenienza, in futuro.
Questo è solo un racconto di quello che ho visto.
Poche considerazioni, anche se ne ho piena la testa.
Probabilmente sarà una cosa lunga, quindi mettetevi l'anima in pace.



Era partito tutto bene: ero contento di avere gli amici di una vita lì con me, di sapere che anche mio padre era tra noi.
Ero contento quando la gente mi fermava per fare la foto al mio cartello, tanto che con la spinta degli altri lo innalzavo e lo facevo vedere, e già mi sentivo in imbarazzo.
Ma nonostante questo lo esponevo agli obiettivi, contento di essere portatore di un po' di buonumore.

Sto uscendo dalla metro di Repubblica, mi chiama un mio amico. È già con la ragazza, oltre la metà di Via Cavour. Mi avvisa che appena un secondo prima un gruppo di persone, incappucciate, col casco ed i volti coperti, aveva attraversato il corteo di netto, cominciando a spaccare le vetrine dei bancomat e a dar fuoco ai cassonetti. Mi consiglia di saltare l'inizio del corteo e di andare direttamente ai fori, dove la situazione sembra molto più tranquilla. Lo rassicuro, attacco il telefono. Ma con gli altri decidiamo comunque di proseguire dall'inizio.

C'erano tanti ragazzi, ma sembravano ancora di più le persone più grandi, le donne, i pensionati. I loro volti sereni, con solo tanta rabbia che sfogavano con canti, urla, danze.
C'erano le immancabili bande musicali delle associazioni, i venditori di fischietti, i giocolieri.
Insomma, c'era una marea di gente, e si stava di un gran bene.
Decidiamo di smettere di camminare sulle vie laterali: mi faccio porta cartello, e guido il piccolo manipolo di deficienti al centro della via, in uno spazio che si era creato tra il cordone principale.

Mentre ci stringiamo un po', visto che un mezzo dei vigili del fuoco è legato col nastro rosso-bianco al muro, per isolare i vetri di una banca a terra, nell'esatto momento in cui la folla si stringe un po', da davanti parte una piccola carica. L'umore cambia in zero: i sorrisi lasciano spazio alle urla, gli occhi grandi di allegria a quelli ancor più grandi del panico, la camminata lenta a una retromarcia brusca.
È questione di un attimo, non vedo neanche se son stati i poliziotti. Poi arriva il l'esplosione di una bomba carta: indietreggiando, molti di noi si trovano in un vicolo, mentre mi giro capisco che c'è qualcosa che non va. In fondo ci sono tre camionette, che ci sbarrano l'uscita dal vicolo.






Ma c'è il tempo di capire che la carica è passata, possiamo rientrare. Di nuovo, all'improvviso, il tempo per capire non ce l'abbiamo: mentre rientriamo su Via Cavour, da direzione Termini arrivano a scendere una ventina di persone, tutte vestite di nero. E succede quello che vedete nei primi ventidue secondi di questo video, più un altro minuto prima che non è stato ripreso:




Mi ritrovo nel vicolo, di nuovo, stavolta al chiuso: dietro le camionette, davanti le teste di cazzo.
E qui partono una serie di scene che, se non l'avessi viste con i miei occhi, stenterei a crederci:
i neri cominciano a scendere le scale, stringendo me ed un'altra sessantina di persone con le spalle contro i mezzi della polizia;
una ragazza strilla ad un poliziotto che si affaccia tra l'angolo del palazzo ed il muso di una camionetta, di spostarne una, per farci uscire, che questi ci ammazzano. Di risposta, un "Che cazzo vuoi che facciamo, porca madonna!!", urlato con tanto di manganello agitato;
i neri scendono ancora una rampa, qualcuno di loro si toglie la sciarpa da davanti la faccia per urlare e spaventare ancora di più. Hanno tra i venticinque ed i quarant'anni, agitano i bastoni. Noi gli gridiamo di andare via, loro avanzano;
la gente comincia ad arrampicarsi su un motorino rosa:




un piede sul sellino, uno sulla sfera di ferro dei pali e su, sul tetto della camionetta. Altri, invece, dal punto esatto in cui ho scattato questa foto, si fanno leva su un vaso e passano attraverso lo spazio tra i due cellulari. Dall'altra, parte, per fortuna, i poliziotti porgono mani per aiutare le persone.
Qui si raggiunge l'apice della tensione: le persone su Via Cavour, senza volerlo, stanno impedendo ai neri di uscire dal vicolo. Così come ci sono stai spinti, ora non sanno come andarsene. E per un attimo non sanno che fare: per un attimo sembrano volerci montare sopra, poi capiscono che dopo di noi ci sono i poliziotti. Quindi tentano di risalire, ma un signore, nonostante l'età, li blocca. Supportato da altri manifestanti "normali", ne placca uno e lo butta a terra. Il branco si avventa sull'uomo, alzando e facendo cadere i bastoni.
Io, da un paio di minuti, sto aiutando signore, genitori con bambini e ragazze in preda al panico ad scavalcare quel vaso, che per tutti, presi dall'agitazione, è una montagna. Quando vedo l'uomo venire picchiato, alzo lo sguardo verso un poliziotto, in piedi sul tetto della camionetta.
Gli grido di fare qualcosa, di spaccargli le gambe, di intervenire.
Il suo sguardo è vuoto, si gira guardando in basso verso i colleghi, in cerca di un appoggio.
Niente.
I neri si placano, svicolano dalle persone che vorrebbero bloccarli e si dileguano.
Nel mentre, però, scavalco io.
E il tizio che coordina il plotone fa fermare me, ed un altro ragazzo.


Ora, io in una situazione così non mi ci son mai trovato. Tutto quello che so, su quando ti fermano le guardie, si chiama caso Cucchi, Aldrovandi, Uva, e così via.
Non un quadro proprio rassicurante.
Quando poi, mentre un tizio in borghese ma con casco e manganello, ti tiene il braccio inchiodandoti di fatto in mezza ad una cinquantina di poliziotti in tenuta antisommossa, il quadro è proprio storto.
Diciamo solo che ho sperato di svenire alla prima manganellata.
Invece, dopo la solita scenata ("te stavi a menà..", "t'ho visto che stavi a picchià.."), un controllo dello zaino e troppo tempo per controllare che non avevamo precedenti, devo dire che un lato umano, piccolo eh, l'ho visto.
Perché c'erano persone, sotto quei caschi. Persone che aspettavano ordini, erano pronti per sparare lacrimogeni, ad intervenire contro i neri. Ma quell'ordine, almeno per il tempo in cui sono stato vicino a loro, non è arrivato. Ci hanno fatto spostare ("se stannò a avvicinà, occhio!!"), si son preparati. Ma nessuno gli ha detto di avanzare un solo passo.

Per questo il poliziotto che strillava alla ragazza bestemmiava, ed ecco spiegato il perché dell'immobilità di quello in piedi sulla camionetta: aspettavano. Io ci ho visto che sarebbe intervenuti volentieri, ma niente. Il vuoto.

A me spiace solo per una festa rovinata, per un inizio di cui nemmeno abbiam visto la fine.
Non voglio mollare, non mi va. Ce ne stanno combinando di tutti i colori, ma noi dobbiamo essere daltonici.
Io ci credo ancora.

A breve, forse ma spero di no, altre considerazioni.

venerdì 14 ottobre 2011

giovedì 22 settembre 2011

Dicono Di Me..


..che sono pieno di difetti.
Immaturo, permaloso, infantile.
Che mi sfogo su un blog, e questa è roba da adolescenti, però a leggere un salto ce lo fate.
Che spammo su Facebook, ma sempre meglio di chi posta pagine come "Se lui ti ferisce tu curati le ferite con sangue di unicorno e ricordati che sei unica e che troverai il principe azzurro con un cazzo così".
Che non parlo, ma c'è chi invece blatera troppo e poi non conclude nulla.
Che sono incostante e non finisco le cose, ma almeno vario un po' invece di fossilizzarmi sempre e solo su di una cosa.

Il bello è che avete ragione, tutte le ragioni del mondo. Ma se ancora mi venite dietro, qualche problema pure voi ce l'avete.

venerdì 16 settembre 2011

Mi Vanto. Oh, Se Mi Vanto..

Partiamo dal presupposto che mi sto (in)Nerdando sempre più. Non della serie html, php o codici sorgente, ne "Luke sono tuo padre!!" da tatuaggio sul cazzo. Diciamo che, a livello di scrittura (parolone), mi sto ingobbendo parecchio. E qualcosina, a livello di frutti virtuali che poi marciscono mangiati dai worm, si raccoglie.

VANTO MODE - ON

Faccia da vanto.
Dopo un mia battuta pubblicata sull'"Almanacco Luttazzi della Nuova Satira Italiana" (quando Luttazzi era ancora uno di cui ci si poteva fidare), e dopo quella stampata (ma che ancora non riesco a trovare) sul secondo volume di "Spinoza", arriva qualcosa di totalmente nerd, su un bel sito che ho scoperto come sempre in ritardo: leganerd.com, un blog in cosiddetto crowdsource, dove cioè sono gli utenti a costruirlo.
Scrivi l'articolo, eviti di far cazzate (per questo c'è la loro guida agli autori) e dopo una piccola revisione da parte degli Admin ti puoi ritrovare il tuo bell'articoletto Nerdico in HomePage.
ieri ci ho provato.. ed è successo.

VANTO MODE - OFF

Faccia da fine vanto.
Vi consiglio, a parte che per leggere quel piccolo capolavoro di scrittura videoludica, di fare un bel giro sul sito. Come dice la descrizione: "Lega Nerd è un volgare Social Blog scritto da nerd che tratta tutto ciò che importa veramente nella vita: la Figa, il Computer, Sheldon Cooper e il numero 42.

E se non conoscete anche solo una di queste basi, loggatevi su Yahoo Answers e fate la figura degli sfigati.

domenica 11 settembre 2011

Norway Road Trippin' - Ultimo Quarto - Di Copenaghen, Scelte E Fette Di Torta

Qualcosa all'orizzonte.


Copenaghen.
Quanto ti costerebbe mollare tutto? Cosa ci perderesti, e quanto invece potresti guadagnarci nel dare un abbraccio sincero a quelle poche persone che hanno contato qualcosa nella tua vita e dir loro arrivederci?
Non lo so, ma ci penso, e tanto.
Ore passate a viaggiare, a guardare fuori da un finestrino ti costringono a pensare.
Anche se non vuoi.
Pensi a tante cose, a quanto ti è costato fare alcune scelte in passato, a cosa hai perso e a quanto poco hai guadagnato.
La tua è una vita di facciata, e lo sai. Stai bene perché ti sta bene.
Hai amato con tutto te stesso, hai dato tanto, spesso ricevendo altrettanto, hai persone che ti vogliono bene ed una famiglia che c'è, anche se non c'è.
Ma comunque fingi, comunque non stai bene.
Eternamente insoddisfatto.
Non l'ho mai letto, ma c'è chi mi paragona sempre a "Il giovane Holden".
Ho il cuore sempre pieno, ma al momento sbagliato, con le persone sbagliate, nel posto sbagliato.
Punto.
Ma se ci fosse quel pulsante reset, quel grosso pulsante rosso protetto da una piccola teca di vetro, magari con dei pulsanti che ti permetterebbero anche di scegliere la data.. lo premeresti? Cancelleresti davvero, non so, 4 anni della tua vita per aggrapparti a quello che hai perso e che non sai cosa, come sarebbe stato?
È difficile come scelta, vero?
Siete soddisfatti della vostra vita? Le scelte che avete fatto, dal prendere quel filone in più dal fornaio l'altro giorno che se adesso lo tirate a terra arrivate in Cina, fino allo sposarvi.. vi hanno soddisfatto?
Ma questo è solo uno stupido gioco per farvi dire a voi cosa non va, mentre io mi dileguo. La mossa Kansas City.
Io sono contento a tratti. La felicità mi annoia. La felicità in sè è noiosa: tutti quegli abbracci, quei sorrisi, quel conto in banca sempre paro, quei vasi in balcone sempre curato, l'aperitivo assicurato due volte a settimana e la corsetta a Villa Pamphili. Ma davvero vi basta tutto questo?
Io ora ho circa cinquecento euro di buffi con i miei amici per questa vacanza che -ehi!!- non è ancora finita, non ho un lavoro e l'unica proposta che mi è arrivata è di tornare in cuffia in un altra fossa dei leoni (no grazie), ogni canzone che il mio iPod passa sembra ricordarmi che ogni schiaffo preso è stato meritato e dovuto, non scriverò mai nulla che possa passare sotto la forma di un libro, cerco sempre di ributtarmi in qualcosa che è stato e che non potrà mai più essere, ed ho una tremenda, terribile, fottutissima paura di dare un abbraccio sincero a quelle poche persone che hanno contato qualcosa nella mia vita e dir loro arrivederci.
Ma adesso mi son fermato, e penso che a casa mi aspetta un persona speciale, qualcuno che le mie fobie, paure, ansie e voglia di solitudine le accetta. Ed io ancora non me ne rendo conto, perché non sono abituato ad una persona che ti dice "fai ciò che vuoi" sapendo che hai bisogno di stare una sera da solo. Una persona che mi vuole un bene tanto, ed io di contro.
Che sa quanto sia difficile per me, ora, dare. E che lo accetta.
Ed io nemmeno mi rendo conto di quanto questo sia straordinariamente bello.
So che non devo tirare troppo la corda ma so che posso chiedere, senza dover dare. Ho qualcuno, accanto a me, che mi accetta per quello che sono, e non solo per quello che sembro o sono sembrato.
Che a sbagliare son bravi tutti, ma a capire le persone ci riescono in pochi.
E magari, dietro a messaggi frettolosi, strade sfocate fuori da un finestrino, lacrime solitarie e scienziati che vogliono ricominciare dall'inizio, dietro a tutte queste e mille altre cose, magari una fetta di felicità la trovo tagliata pure per me.

sabato 10 settembre 2011

Eccheccazzo.

"Is That Peter-Fuckin'-Frampton?"

Prima lo volevo far iniziare con "Let's Get It On", nella splendida e funky version di Jack Black.
Poi con una foto.
Poi col nulla.
Non lo so nemmeno io che scrivere, ma so che voglio.
E che non me ne voglia nessuno.

Oggi i tuoi movimenti ti hanno tradito. Avresti potuto superare quei due impacci senza problemi, ma un paio di sguardi storti hanno tradito la stessa ansia che avevo io addosso, che è anche normale avere.
Di te non ho mai scritto esplicitamente qui, e forse non lo farò nemmeno oggi,
Dipende da quanto mi va di scrivere, e da quanto la sbronza durerà.
M'ha fatto male vederti oggi, una cosa fuori controllo. Se mai leggerai 'ste quattro righe, magari ti sentirai anche superiore. Ma so che, in cuor tuo, i tuoi pensieri devieranno per un paio di giorni, forse meno forse più. Ma di certo non sarai lucida.
Il tuo sguardo sicuro è stato tradito da una voce troppo impostata nel volume e nel tono, e da un corpo che faceva il contrario di quello che il cervello implorava.
Non so che hai fatto a Palma, ma adesso so che ci sei stata e mi viene in mente un flashback, sudato ed agitato. E forse è stato automatico farlo. Magari perché l'altra volta ha tipo funzionato, vedi mai che anche a 'sto giro..
Ma poi chissene sbatte no?
Siamo tutti anime perse che nuotano nella stessa boccia.. Anno dopo anno.
Gli incroci capitano, le coincidenze coincidono, e magri scopriremo poi che quei due anni e passa sono stati giusto uno sfiorarsi, il giusto per prendere direzioni migliori.
Io non lo so che pensare di questo sfiorarsi. So che comunque sono cresciuto, in qualche modo maturato. In un modo che nemmeno so io come, e nemmeno quale. So che per certi momenti darei l'anima anche solo per essere lì da spettatore, tanto sono stati belli. So anche, però, che per certi preferirei uccidermi pur di non riviverli.
Se fosse stato un altro momento, per entrambi, sarebbe andata in un altro modo, e tu lo sai.
Se non avessi avuto le mie voglie infantili, quelle di correre il rischio, di incasinarmi, di andare oltre.
Se tu avessi avuto la lungimiranza di vedere il mio vero potenziale, quando son tornato da te in ginocchio.
Se avessimo avuto il coraggio di capirci, guardarci.
Ma soprattutto perdonarci.

Ti ho voluto un bene dell'anima, e non ho mai, mai dubitato del contrario.
Per te mi sono violentato e umiliato, ho allontanato amici e subito sacrosante ramanzine.
Ho fatto a cazzotti con me stesso, senza rendermi conto che qualunque ruolo assumessi, il me stesso avversario mi buttava giù. Ho provato di tutto, e so ancora, senza ombra di dubbio, che più di tutto non c'è nient'altro da provare. So di aver combattuto una battaglia ìmpari, perché sono partito svantaggiato su tutti i fronti.
Ma non posso dire di non averci provato.

Tutto questo è uscito di getto, più di ogni altro pezzo della mia vita. Almeno credo.
Senza rancore.
Ma anche senza rimorsi.


-I've always hated that song.-
-Yeah..-
-Now I kinda like it.-
-Yeah..-

giovedì 8 settembre 2011

Prendi L'Arte Grafica E Mettila Da Parte.. Grafica

Se avessi i soldi, la mia camera a quest'ora sarebbe piena di monitor, videocamere, scatole vuote di programmi per l'editing video, cavi cavetti e cavoni. Sarei incastrato davanti agli stessi dieci secondi di ripresa in cui Emiliano cammina per strada, e con la mia bella copia di After Effects (originale, perché è un "se avessi i soldi", questo) lo farei schiacciare dalla zampa di un T-Rex, o rapire dagli alieni, o schiacciare dalla zampa da un T-Rex alieno. Farei uscire parole dalla bocca di Cesca come una mitraglia, con uno Zega crivellato di colpi che non cade mai per terra. Abbatterei i muri di casa di Andrea per poi farlo volare fuori, lontano, e felice. Farei tutti cuoricini negli occhi di Po, con la faccetta manga e la goccia sulla fronte.

Ma i soldi non ce li ho, ma questo non mi tocca.
Anzi.
Per la prima volta dopo tanto tempo (è bello 'sto periodo pieno di prime volte dopo tanti tempi) ho una passione da inseguire, un qualcosa che può piacere a me, e poi magari chissà.
Ma non ci sono solo i video, eeeeeeeeh no!!
C'è la mia bella cartellina "Scritti Vari", che ogni tanti si riempie e qualcosa parte in direzione Frà. Chissà che quello che ogni tanto ci sussurriamo esca fuori urlando, prima o poi.
E poi ci sono le foto, che dopo ventitré giorni in simbiosi con una Po-Reflex, qualcosa uno l'impara.
(o, come dicono i cinesi nella Savana, "l'impala!!")
Qualcosa sul blog l'avete visto, ma un account Flickr a breve può esser più d'aiuto: più visibilità e meno problemi di © su FB.
'nzomma, la pentola è piena d'acqua e qualcosa, dentro, bolle.
(come dissi quando mi accorsi di avere la varicella)

-E come pensa di vivere? Intendo, dovrà in qualche modo guadagnare qualcosa.-

-Prima di tutto si presenti, e comunque non sono ammesse domande, ho una scaletta, qui, da seguire.-

-Sono la sua coscienza!!-

-Allora sia chiaro, io parlo con Coscienze con la C maiuscola, non con le coscienzuole rosse come voi.-

-Ma..-

-Prendiamo le generalità di questa persona, per favore? La allontaniamo?-

-Ma le sembra il modo, io ho un lavoro da fare, ho una dignità da difendere, come si permette.......-


Scusate, ma qui ormai dopo mignotte e ladri entra davvero di tutto.
L'altro giorno ero al bagno, ed arriva la mia moralità, mi guardava, tutta superiore. Per non parlare di quando mi sono incrociato con la mia igiene. S'è turata il naso, mentre passava.

E ricordatevi sempre di pulire la vostra stanza, ogni tanto. Può capitarvi roba tipo questa:

Mr. Senape che si bulla con la sua nuova Burger King Guitar.
O tipo questa:

Un'isola davvero, davvero strana.

E poi vi ritrovate a ritrovare -e spesso buttare- fogli, scontrini, foto, etichette di t-shirt, quei cosetti di fil di ferro che tengono fermi i cavi di qualcosa nelle confezioni, accendini che nemmeno la Bic ne ha così tanti, biglietti di aerei vecchi di anni, calzini spaiati, lettere che lette ora fan quasi ridere.
E poi ho ritrovato il mio "quaderno", quello in cui sputavo veleno a 16 anni. Quant'ero stupido.

-Perché ora?-

-Ancora qui? FUORI!!-

mercoledì 7 settembre 2011

Norway Road Trippin' - Parte Tre - Di Balene, Porti e Finte Interviste A Me Stesso

Vedete quel puntino al centro?
No?
Bene, quella è la coda della balena.

[Abbiamo visto una balena. Ho le prove.
Le foto son venute male, nel senso che era troppo lontana per farle una foto.
Ma l'abbiamo vista.
Quando l'operaio che ci ha fermato per far passare altra macchine ci ha detto di averla vista passare nell'insenatura che si vedeva dalla strada, e che stava andando nella nostra stessa direzione, non gli abbiamo creduto.
E invece c'era.
Ed è stata una cosa davvero emozionante.]

Tromsø, dove potresti annoiarti ma alla fine ti diverti.
Tromsø è un isoletta che si pronuncia con la "ou" finale, ma non è che diventa "Tromsou", la o e la u devono quasi unirsi ma rimanendo staccate, come un dittongo a metà, che ti fa lasciare la bocca aperta come un pesce lesso.
È un porto di mare, dove le navi mercantili rimangono ormeggiate giorni, dove la puzza di mare arriva ovunque appena il vento soffia verso la città, forse anche sulle collinette da dove tutte le case più colorate e graziose si affacciano come a voler controllare che sotto vada tutto bene. Il panorama di fronte la città è un misto di montagne con ghiacciai perenni, il ponte che collega terra a isola, qualche capannone industriale ed una chiesa inutilmente enorme e fintamente moderna: un incastro di triangoli bianchi uno dietro all'altro, con una gigantesca croce sul davanti, quasi a voler sostenere tutto l'edificio. Cristiani, valli a capire.
Insomma, sembra un paesino americano da film in cui tutti si conoscono, con falegnami che guidano pick-up e ragazzi che si ribellano agli stereotipi della società con due piercing e mezza testa rasata e mezza viola, ma con gli abitanti di una città di medie-grandi dimensioni, dove la vita si svolge intorno al centro commerciale, un piccolo giardino ed i troppi pub.
Uno si potrebbe tranquillamente annoiare, cullato dal mare e la birra.
Solo che ieri era il primo giorno di un evento lungo undici giorni, in cui gli studenti di Tromsø e dintorni si riuniscono per ubriacarsi e ballare -considerando comunque che la prima delle due attività è molto in voga sempre- e quindi la situazione era molto, ma molto più fattibile. Oltre al fatto che le cose, in questo caso birre o cocktails,  costano l'ira di Buddha (come dappertutto in Scandinavia, con un'inflazione che fa più su e giù ogni giorno di quanto il sangue sale e scende nella testa di Sgarbi), i ragazzi sanno divertirsi: discoteca gratis, d(onna)j con batterista live e due tizie assurde in maschera a ballare sul palco, negri folli che sembrano Steve di "Otto sotto un tetto" che ti ballano intorno, e poi lui, Cristopher, il salvatore di cinque disperati perché.. vabbé ne parliamo a voce, del perché. Diciamo solo che il rapporto qualità prezzo è andato più che bene, ed in più ci ha illuminato con un discorso sul perché in Norvegia tutto costa molto: perché c'è la crisi. "Ma va?", direte voi? Lo so, ma sentirlo da un Tromsiano ubriaco ed amichevole è stato come se fosse la prima volta.
Reminder: se passate da Tromsø, indossate un cappello ed incontrate una certa Kaisa (credo si scriva così), una tipina capelli corti sul rosso ed occhi azzurri, tutta pepe ed alcol, smilza ed agile come una gazzella.. statele lontani. Tenterà di rubarvelo per indossarlo, per poi scappare a gambe levate se tentate di riprenderlo. Il tutto causato dal fatto che ci siam lasciati convincere a fare un "massaggio a catena", che consiste nello stare seduti per terra uno dietro l'altro e massaggiare le spalle di quello davanti, mentre a te le massaggia quello dietro. Ovviamente, a me è capitato Checco dietro ed il Vin Diesel norvegese davanti, che si è anche girato ed in italiano mi ha gridato "Va bene!!", riferendosi al massaggio.
La cosa mi ha preoccupato non poco.
Però è grazie a Kaisa se abbiamo capito cos'era questa specie di folla di ragazzi che venivano a frotte con gli autobus, e come si pronuncia Tromsø rimanendo con la faccia da pesce lesso.

"Come  procede la ricostruzione?", chiede il giornalista immaginario che siede di fronte a me sul camper, posando il registratore sul tavolo dopo avere premuto REC.
"Devo dire bene, poca fa sono giunto ad una piccola conclusione: forse mi piace vivere vivere nel passato, immaginare situazioni future con esperienze però già vissute, perché così mi sento più sicuro. Guardarmi indietro, magari pensare ad errori fatti tanto, troppo tempo fa, e a come poterli correggere ora, è folle.
Folle.
Ma sicuro.
Solo che si tratta di una falsa sicurezza: come si fa volersi creare un futuro, se si pensa al passato? È come voler fare retromarcia per andare avanti.
Quindi ho già qualcosa su cui lavorare.
Si possono buttare le fondamenta. Piano piano, senza fretta.
Per costruire case buone e che durino nel tempo, ce ne vuole."

(adoro come "For What It's Worth" di Buffalo Springfield sia divisa perfettamente in due, specialmente se ascoltata con le cuffie. Lui che ti canta a sinistra, e la base ed il coro a destra. Bello.)

[e quello stralcio di nuvola attaccato alla montagna, rimasto indietro per osservarci, o forse perché voleva solo stare un po' da solo]