sabato 5 novembre 2011

Dignità

Non sapevo che metterci.



Questo racconto nasce dall'incontro che è avvenuto stamattina [ieri per chi scrive, ndJ] tra me ed un signore che, con la scusa di dirmi che ero veloce a farmi le sigarette, ha iniziato a chiacchierare.
Ho giusto aggiunto poche parole per rendere il tutto più scorrevole, ma sono tutte parole sue.

È vestito di tutto punto. Solo i pantaloni della tuta e qualche dente di meno tradiscono un comportamento, una fluidità di parola ed un'educazione fuori dall'ordinario.
Viene dalla Romania, sessantatré anni, una vita passata a lavorare, tutti il giorno, dalla mattina alla sera. Ha lavorato in Siria, Iran, Iraq, Egitto.
Parla cinque lingue.
Guadagnava duemila euro al mese.
Un giorno decide di smettere di fumare, bere e mangiare toppa carne. Si mette a fare yoga, perde qualche chilo e, parole sue, "sentivo una forza dentro mai provata in vita mia".
Se la passa bene, insomma. Fa progetti per i figli, mette qualche soldo da parte per dargli un futuro lontano da casa, ché in Romania si sta male, paghe basse e costi dei beni primari esorbitanti. Lì se scendi in piazza c'è il carcere.
Per questo è scappato da casa ed ha cominciato a girare e a lavorare.
Due anni fa lo chiamano dalla Romania: qualcuno gli è entrato a casa, ha rubato tutto il possibile e poi ha appiccato un incendio.
Una vita di sacrifici letteralmente in fumo. Quella casa l'aveva costruita con le sue mani, e l'aveva riempita di ricordi dei posti dove aveva lavorato.
Tutto sparito.
Cade in depressione, ora fuma trenta sigarette al giorno, e dall'alito non beve più solo acqua.
Un anno fa, inoltre, il governo gli ha sequestrato tutti i pochi soldi rimasti in patria. Solo perché, per il governo, era troppo ricco.
Diecimila euro.
Gli ho chiesto se sarebbe voluto tornare in Romania, e lui mi ha risposto che no, non vuole. Ci tornerà solo di passaggio, ormai lì non ha più nulla, nessuna proprietà e nessun affetto.
Ma mi ha anche detto che in Italia non vuole rimanerci, perché sta vedendo cose che gli ricordano troppo il suo paese, le sue censure, le sue limitazioni alla libertà di espressione.
"I cattivi di solito si sono sempre ammazzati tra loro. Adesso però stanno ammazzandoci a noi, lentamente. Ormai bisogna aspettare solo l'intervento di dio. Ma sono sessant'anni che lo aspetto e ancora non si è fatto vedere."

Con metà della sua dignità, avremmo fatto due rivoluzioni.

4 commenti:

  1. avrei così tante cose da dire che meglio tacere. Tu mi piaci per vari motivi, ma tra questi perché non hai paura ad avvicinare le persone che la gente normale tende a scansare. E non sa cosa si perde. Un bacio.

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  2. Non capisco perché dovremmo scansarci da gente così.
    A me spaventa molto di più un quindicenne fatto come le zucchine che mi si avvicina blaterando qualcosa sul Duce, piuttosto che un "barbone" che mi fa un complimento.

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